CRYSTAL DISTOPIA: Voci 4° atto “Numeri – Gabriele 19.11″

La donna, il lungo abito rosso e oro, cammina impaziente lungo il corridoio di una grossa magione. Sembra irritata ma dal suo viso non traspare molto; entra in una stanza con un ragazzetto e quello che è a tutti gli effetti un telegrafo.
“Quindi? La Cardinale ha risposto al mio ultimo telegramma?”
“No, mia Contessa, non ci sono risposte”
La donna non fa una piega ma i riccioli scuri hanno un movimento, come se avesse scosso impercettibilmente la testa. Il ragazzino si interrompe, si morde le labbra..
La donna lo interrompe seccamente “George, smettila di cincischiare. Qual è il problema?”
“Uno dei suoi Settimi ci ha consegnato questo stamattina, ci ha detto di consegnarvelo”
Le allunga un foglio ripiegato, con i bordi decorati. Una… sagra di fine estate? Nel Borgo degli Astri?
Era la vecchia magione di campagna del precedente Cardinale, caduta in disuso un po’ perché troppo vicina alla Palude, e un po’ perché la successiva Cardinale preferiva la città per essere più vicina agli Archivi. Quindi era stata risistemata per l’arrivo degli Emissari?
Le sua labbra divennero una riga rigida.
“George, fai preparare le mie cose. Tiriamo fuori qualcosa di buono da questa pagliacciata”
Almeno dal programma sembrava che la Cardinale sarebbe stata presente, le avrebbe dato l’occasione di parlarne visto che erano mesi che non rispondeva a nessuno dei suoi telegrammi.
Ci sarebbero stati anche gli altri Capi Casata ma niente che non poteva gestire.


 

Nord di Valistia, Monti del Titano, nona luna 303
“Non è più possibile entrare nelle rovine della montagna. La terra trema, tutto è pericolante, dannazione avrei tanto voluto esplorarle più a fondo, ma non voglio rimanere sepolto vivo.
Al momento tutto il complesso mi è sembrato una fortificazione simile a una grande caserma, con mura spesse, feritoie molto strette che si affacciano all’esterno e camerate per dormire, una struttura stretta e ottimizzata proprio come un castello scavato all’interno della roccia. I Primogeniti erano dunque militarizzati, ma contro chi, se essi erano un solo ed unico popolo? Contro chi si stavano difendendo?
Ad ogni modo, ci sono tracce di danni alle mura che non sembrano pertinenti con un crollo spontaneo, quindi la fortezza è stata sicuramente attaccata. Di solito quando questo accade, c’è sempre chi combatte e chi fugge.
Posso solo sperare che i fuggitivi si siano portati dietro qualcosa che mi aiuti a comprendere meglio lo scopo e il funzionamento di quel luogo, e che essi abbiano trovato la consueta, insolita procedura di seppellimento che tanto mi ha aiutato a comprendere i loro usi e costumi…”
LvK


 

Astra, 27 ottava luna 303
Quando Tehr rientrò alla Magione degli Astri, la residenza personale della Cardinale, tirò un sospiro. I festeggiamenti per la sua nomina a Maestro Ritualista erano finalmente conclusi ed era potuto tornare al suo incarico principale.
“Cardinale…?”
La sua voce cadde nel vuoto silenzio dell’atrio principale, le candele accese e immobili.
Quando era stato nominato Attendente di Melina Aerith aveva pensato subito che affiancarsi a una persona così ben voluta e intelligente non sarebbe stato difficile; la realtà invece era ben diversa e quella situazione non era una novità.
Erano svariate lune che il suo compito principale era accampare scuse per conto della Cardinale mentre cercava dove poteva essere sparita; sulla sua scrivania si accumulavano richieste di udienza da parte di tutti i nobili più importanti di Valistia che venivano per lo più ignorate e finivano poi per essere dimenticate.
Uscì dalla porta principale, attraversò la piazza nelle ombre dei tetti, e si diresse verso l’edificio ottagonale che sorgeva a lato di un castello bianchissimo. Entrò da una porta laterale e con un sospirò sconsolato si diresse verso la sezione della Ritualistica e lì, accucciata vicino a una candela, c’era una figura con i capelli scompigliati che leggeva una serie di pergamene sparse sul pavimento liscio. Quasi non sapeva dove mettere i piedi per paura di calpestare una pergamena più vecchia di lui.
“Cardinale…?”
La ragazza continuò a leggere, gli occhi arrossati e sanguigni, muovendo le labbra in silenzio come se stesse recitando una litania silenziosa.
Lui, rassegnato, si chinò e la prese per un braccio con dolcezza. Lei alzò gli occhi come un uccellino preso in gabbia ma quando lo riconobbe si rilassò immediatamente.
“Deve dormire, Cardinale, sono giorni che non fa una notte di sonno decente. Forza andiamo, sistemerà l’Archivista domani”
La ragazza si avviò con lui che la guidava attraverso i corridoi della gigantesca biblioteca verso la sua casa.


La ragazza camminava con passo veloce nel lungo e luminoso corridoio, diretta allo studio della sua Signora. La gigantesca scrivania di mogano dominava la stanza, i tendaggi ricchi e pesanti che coprivano le alte finestre.
La donna, seduta composta, stava scrivendo china su un foglio.
“Mi avete convocata mia Signora?”
“Ah, Lucia, sì, ho bisogno che ti fai un bagaglio leggero e vieni con me al Borgo degli Astri”
“…per la Sagra di fine estate?”
“Sì, esatto. Partiamo domani. Sei congedata”
La ragazza rimase interdetta per qualche minuto, ferma sul posto ma la Signora aveva parlato e sapeva che odiava ripetersi.
Un brivido le passò lungo la colonna vertebrale ma non era di paura… quella Sagra significava che tutti i nobili delle casate maggiori sarebbero stati presenti; erano tutti molto agguerriti, aveva sentito più volte la sua signora lamentarsi che la Cardinale si negava a tutti nell’ultimo periodo e sembrava che nessuno fosse ancora riuscito a parlarci. Con tutti i nobili impegnati in questa guerra politica probabilmente sarebbe riuscita a ritagliarsi un po’ di tempo libero lontana da certe dinamiche per lei incomprensibili. Certo, quel posto non era l’apice della sicurezza, così vicino alla Palude, ma bastava non allontanarsi.
Si voltò verso l’uscita con un piccolo sorriso quando la voce della donna la fermò sulla porta.
“Lucia, vai a chiedere un campionario in magazzino, ho bisogno che gestisci un po’ di attività per gli ospiti mentre siamo lì; a differenza degli altri nobili, io ci tengo che la Valistia sia impeccabile, nei modi e nelle presentazioni. Ti raccomando un atteggiamento adeguato alla situazione, non vorrai che il mio nome venga accostato a qualche situazione sconveniente”
La sua voce era neutra, quasi impersonale ma Lucia sentiva come una spada, tesa contro la sua nuca, mentre usciva da quello studio ormai freddo come una ghiacciaia.


 

I passi della figura che stava entrando in taverna in quel momento erano pesanti, il mantello nero tutto rattoppato che strisciava per terra. La corazza strideva a ogni movimento, come se avesse bisogno di una buona oliata.
La voce rauca e graffiante era di una persona stanca e temprata dalla vita mentre chiedeva un boccale di vino e un po’ di stufato. Mangiava con calma, il viso nascosto dal cappuccio nero e la testa abbassata.
Quello che aveva visto era terrificante anche per lui che andava a caccia di non morti da anni…
Uomini trascinati via da figure orripilanti che non tornavano più, forse trascinati a morire sul fondo della Palude, forse addirittura mangiati da quelle creature.
In quel momento la porta della locanda si spalancò con forza, un uomo si affacciò affannato
“Il pozzo… Il pozzo di mana… Lo stanno distruggendo!”
La figura si alzò di scatto, agguantando la sua spada. Anche questa era una novità ma non l’avrebbe certo fermato dall’andare a dare la caccia ai non morti.
Quello che trovò fu anche peggio di quello che si aspettava: i non morti si muovevano intorno al pozzo, un lieve fumo arancione che usciva e si disperdeva nell’aria intorno a loro. E più questa strana danza continuava, più i mostri erano rumorosi e più il pozzo sembrava avvolgersi nelle ombre, come se quella luce aranciata stesse man mano spegnendosi. Quando il primo non morto colpì il pozzo, staccandone un pezzo, il cavaliere si mosse, pronto al combattimento.


 

La figura dai lunghi capelli bruni e gli occhiali tondi era seduta alla scrivania con lo sguardo perso nel vuoto, intorno a lei il caos mentre due servitori si stavano occupando di coprire e impacchettare tutti i mobili.
Ad Arcangeli piacendo non sarebbero fortunatamente più tornati in quel posto dimenticato da ogni carta geografica; anche se effettivamente la questione sembrava particolarmente migliorata dopo la partenza degli Emissari.
Il gruppo, composto dalla Cardinale, dal suo attendente e da qualche servitore, era ormai in partenza per tornare alla Magione degli Astri, i colloqui con i capofamiglia la attendevano con premura, come le era stato fatto notare.
Le sfuggì un sospiro e allungò le mani su cinque buste perfettamente uguali, pronte per essere recapitate. Si alzò, mettendo le buste in una scarsella, e poi prese in mano un vasetto completamente appassito poggiato sulla scrivania.
Un uomo comparve nel vano della porta “Cardinale? Siete pronta?”
L’attendente, alto nel suo vestito nero, la fissava; lei sospirò di nuovo e si incamminò verso di lui, le mani strette sul vaso.
“Cardinale…? È successo qualcosa?
A lei sfuggì una piccola lacrima “Era il mio ultimo ricordo di lui… Quando ancora eravamo felici… E ora è morta… Non mi rimane più nulla di lui”
Lacrime copiose le corsero lungo il viso
“…ma avevate costruito un rituale per mantenerla, cos’è successo?!”
“I miei sigilli zener… Non lo so… Sono andati perduti… Eppure erano lì… E ora non ho più niente, né la pianta né lui…
L’Attendente le mise una mano sulla spalla mentre lei sfogava il suo dolore stringendo la piantina secca al petto come se fosse l’ultima luce in un universo di oscurità.
Poi con discrezione prese le cinque buste e si appuntò mentalmente di farle recapitare il prima possibile, magari indagando sulla scomparsa dei sigilli.

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